A cold winter night~

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    Bianco, esattamente bianco. Era il colore predominante di quel paesaggio accompagnato dal fitto nero delle tenebre che lo avvolgevano nella notte. In una piccola parte, invece, ai piedi di alcune montagne, faceva capolino un piccolo villaggio scozzese. Chiunque nel mondo della magia era a conoscenza di quel luogo, si trattava di Hogsmeade, un villaggio di soli maghi!
    Da anni ormai quel paesello si ergeva tra i molti, oserei dire anche da più di mille anni. Al suo interno si potevano trovare svariati negozi, tra cui un negozio di dolci, uno di strani abbigliamenti per maghi e perfino uno in cui poter riparare svariati oggetti di natura magica. Non dimentichiamoci però dell'ormai famoso pub di proprietà di Madama Rosmerta: I Tre Manici di Scopa!
    Era una fredda serata invernale, avrei potuto giurare di aver sentito a volte il sangue ghiacciarsi nelle vene se solo non avessi il mio manto grigio a proteggermi. Ebbene sì, ho detto proprio manto! Sono un lupo, uno di una razza abituata ad abitare nelle tundre, luoghi freddi, innevati e prettamente boschivi. Non starò di certo qui a raccontarvi per quale motivo io sia lupo, vi basti sapere che non è di certo l'unica mia forma, posso anche essere un forte ed attraente ragazzo.
    Passando oltre: stavo scrutando Hogsmeade dall'alto, più precisamente appostato tra alcuni alberi di una delle montagne che lo circondavano. Mi trovavo lì diciamo più per abitudine che per lavoro, non ricevevo incarichi da giorni e beh in effetti non ero nemmeno così facile da trovare.
    Scesi con molta calma dal monte e mi addentrai tra i vicoli del paese, ogni volta che una zampa toccava terreno era di per sè una sensazione unica. Seppur ormai da tempo avevo la possibilità di utilizzare questa forma animale devo ammettere che non mi abituerò mai alle uniche sensazioni che si provano, cercavo di vivere a pieno quei momenti, era come un sogno che si avvera. Quando ero piccolo e ancora non conoscevo il mondo della magia sognavo spesso di poter un giorno rinascere come un lupo, il mio animale preferito in assoluto.
    Non sapevo bene dove andare, mi aggiravo tra i vicoli cercando di non farmi notare, il mio manto bianco e grigio per fortuna mi forniva una buona mimetizzazione con la neve, non perfetta ma comunque abbastanza per poter sfuggire ad occhi poco attenti.
    Mi fermai nei pressi de "I Tre Manici di Scopa" e come al solito potei udire il bordello al suo interno, maghi a non finire che bevevano, mangiavano e borbottavano ad alta voce.
    Presi posto in un angolo esterno del caseggiato in fronte al locale, fissando senza un reale motivo l'ingresso del pub, quasi come se sperassi nell'arrivo di qualcuno o qualcosa.



    Edited by xRenya - 3/11/2013, 19:04
     
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  2. Gabrielle~
     
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    Se c'era una cosa che amavo era la neve. Quel bianco candore che precedeva l'arrivo delle feste, a cui comunque mancava un bel po'. Aveva nevicato presto, quell'anno.
    Normalmente, non sarei mai uscita dalla scuola in pieno periodo scolastico, a parte durante le gite ad Hogsmade pianificate con gli altri insegnanti. Ma senza la Magia non potevo fare granchè.
    Era stato un vero shock svegliarmi con i capelli neri e scoprire, davanti allo specchio, che non potevo modificarli. Certo, quel look mi piaceva e lo tenevo da anni ormai, ma mi piaceva divertirmi un po' al mattino appena sveglia. Solo che quel mattino i miei poteri non avevano funzionato.
    Non che non fossi capace di cavarmela, s'intende. Ma come potevo amministrare la scuola? Come potevo difendere i ragazzi, ora che le difese magiche di Hogwarts erano sparite?
    Sapevo che quell'uscita fuori programma era pericolosa, ma a scuola c'erano gli insegnanti e il Vice Preside se la sarebbe cavata alla grande senza di me. Volevo solo distrarmi per un'oretta, giusto il tempo di riprendermi dallo shock della scoperta della scomparsa della Magia.
    Stavo giusto per entrare nel locale quando vidi, con la coda dell'occhi, qualcosa che non andava. C'era una macchiolina grigia sulla neve, che poi scoprii essere un lupo grigio. Sembrava godersi il panorama, e mi sarei limitata a un sorriso verso di lui se qualcosa non avesse attirato la mia attenzione.
    I suoi occhi. Erano diversi da quelli dei normali lupi. C'era qualcosa in loro che mi ricordava qualcuno, qualcuno che risaliva alla mia infanzia nella ormai lontana città italiana di Venezia.
    «Tu non sei un vero lupo. Oh sto prendendo un abbaglio?» domandai all'animale, piegandomi sulle ginocchia.
    Se si fosse limitato a guardarmi, avrei capito che stavo effettivamente prendendo un abbaglio. Ma se invece si fosse ritrasformato? Avevo una vaga idea di chi potesse essere; speravo solo fosse davvero lui.



    Edited by edge • - 26/10/2022, 17:34
     
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    Non dovetti aspettare molto. Effettivamente non passò nemmeno mezz'ora prima che una figura, vicino all'ingresso del pub, riuscì a notare la mia presenza. Al primo impatto non sapevo chi mai potesse essere, tenevo lo sguardo quasi del tutto perso nel vuoto quindi non diedi peso a quella persona. Qualcosa però ghermì la mia attenzione: ella non si limitò a notarmi, fece molto di più! Si avvicinò a me, lentamente, studiandomi e scrutandomi come se qualcosa la turbasse. Sicuramente aveva compreso che qualcosa non andava, non ero un normale lupo e ammettiamolo non facevo nulla per nasconderlo in effetti. Insomma... quale lupo si sarebbe mai avvicinato così tanto ad un villaggio? Quale lupo si sarebbe mai aggirato DA SOLO in mezzo a degli umani, maghi o no, senza temere di essere braccato e addirittura ucciso? In fondo siamo animali selvaggi, abituati a vivere in branco e soprattutto a sopravvivere in branco. Come si suol dire l'unione fa la forza e un branco di lupi ne è l'esempio lampante.
    Ero talmente preso dai miei stupidi ed inutili pensieri che non mi accorsi nemmeno che quella figura ora giaceva lì, immobile davanti a me piegata sulle ginocchia a fissarmi dritta negli occhi.
    Appena mi resi conto della situazione feci un leggero balzo all'indietro rimettendomi retto su tutte e quattro le zampe. Mi colse talmente di sorpresa che mi spaventai! Altra cosa comica per un lupo...
    Per un attimo pensai di fuggire ma... da quando io scappo? Non sono mai fuggito in vita mia, ho sempre affrontato tutto di petto o almeno l'ho fatto da che ne ho ricordo. Devo ammettere però che forse su questo mi sbaglio, in tutto questo tempo ho sfidato il destino in tutte le prove che mi proponeva ma allo stesso tempo utilizzavo quelle sfide come scappatoie per sfuggire a ciò che realmente temevo: il mio passato. Per quanto potessi mostrarmi un duro e apatico essere umano in realtà dentro di me c'era come un bambino sperduto, che non ricordava nulla della sua infanzia se non quel poco che la presunta madre gli aveva lasciato scritto in un diario. Perchè dico presunta... in cuor mio so che era veramente lei, è l'unica cosa di cui sono certo, è tutto ciò che fino ad ora mi ha sempre fatto andare avanti.
    Alzai lentamente il muso verso il viso della persona chinata dinnanzi a me, la fissai negli occhi e cercai di capire chi fosse, aveva un viso famigliare. All'improvviso un flash! Avevo capito di chi si trattava: era la nuova preside dell'istituto di magia e stregoneria di Hogwarts! Era la preside Anmory!
    Aveva un anno in meno di me, l'avevo vista più volte per i corridoi della scuola e un po' tutti la conoscevano per i grandi risultati nella materia di Pozioni. Che dire un genio che poco dopo il diploma è diventata un'insegnante e nemmeno il tempo di godersi la cattedra che subito è passata in presidenza.
    Come dire: ora lei era una figura importante, molto importante, e be' come dire... io avevo un problema con le autorità. Non le ho mai sopportate e francamente non avevo intenzione di iniziare proprio adesso. Eppure c'era qualcosa in lei, qualcosa di più della semplice conoscenza a livello scolastico. Chi era? Perchè si era avvicinata così? Perchè interessarsi a me, uno stupido animagus con una pessima "fedina", se così possiamo chiamarla.
    Decisi di non muovermi, volevo sfidarla, volevo vedere se aveva realmente capito chi fossi. Dunque a lei la prima mossa e che i giochi abbiamo inizio.

     
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  4. Gabrielle~
     
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    Lo sapevo che non era un vero lupo! Era fin troppo strano che un lupo si aggirasse da solo, senza il proprio branco, nel mezzo di un villaggio.
    E poi c'era ancora quello strano luccichio, un misto di ribellione e strafottenza, con qualcosa di malinconico. E sapevo di aver visto quel luccichio in una sola persona, che non vedevo da anni.
    Piegai la testa di lato quando balzò, e non smisi di guardarlo. Accennai un sorriso gentile, sperando che potesse fargli capire, nel caso non mi avesse riconosciuto, che alla fin fine ero solo curiosa.
    «Smettila di fare tante storie.» dissi, con un leggero sbuffo, stringendomi un po' nel giubbotto. «Tanto lo sai che ti ho riconosciuto. E come avrei potuto fare altrimenti?»
    Il mio fiato si condensava in piccole nuvolette bianche che sparivano subito. Stavo congelando, ma mi importava poco. Ero molto più interessata a quello strano lupo che conoscevo bene.
    Sbuffai di nuovo, perchè mi fissava senza nemmeno degnarsi di dire una parola. O insomma, di aprire la bocca, dato che i lupi non parlano. «Su forza, che tu hai il pelo, io mi sto congelando.» Scossi la testa, più o meno divertita dalla situazione. «O forse non ti puoi ritrasformare?» il dubbio mi assalì. Dopotutto, e se la Magia fosse scomparsa proprio quando lui era un lupo e ora non poteva trasformarsi nuovamente?
    «Oh, insomma! Smettila di farmi stare in pena e fatti un po' vedere, Dante!»
    Incrociai le braccia al petto, facendo la finta scocciata esattamente come facevo quando eravamo bambini. Perchè si, ero sicura che fosse lui: il giovane Kenway, il bambino miliardario che mi faceva giocare nel suo giardino con la gemella. Non lo vedevo da quando aveva lasciato la scuola, un anno prima di me; non che ad Hogwarts lo frequentassi granchè, purtroppo.
    Sapevo ben poco del dopo incidente. E a scuola ci eravamo parlati si e no due volte in sette anni, non era esattamente il massimo. Soprattutto perchè non ricordava molto. Sperai che avesse recuperato un po' di memoria, o io ero rimasta davanti a lui a fare la figura della scema.
    Non che mi importasse: era pur sempre Dante. Sapeva bene come gestire il mio carattere particolare, memoria o non memoria. E probabilmente parlare con lui sarebbe anche stato più divertente.



    Edited by edge • - 26/10/2022, 17:35
     
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    Che nervi! Dopo quell'imbarazzante situazione ricordai perfettamente che non la sopportavo già da prima che diventasse preside della scuola. E' vero in quei sette anni le parlai solo un paio di volte e guarda un po' ero così preso dal discorso che nemmeno ricordo di cosa trattasse!
    Fatto sta che in quel periodo c'era qualcosa in particolare che mi infastidì e in parte mi incuriosì: non passava giorno nel quale i suoi occhi non cadevano sui miei ogni qual volta il nostro cammino s'intrecciava. Perchè, mi chiedevo. Per quale assurdo motivo aveva si ostinava così tanto con me? Come ho detto non mi toglieva gli occhi di dosso, per quanto lo facesse in modo discreto non potevo non notare il suo sguardo fisso su di me. Quando lo incrociavo ogni volta pareva perfino trasmettere un sentimento differente: a volte sembrava arrabbiata, altre triste, altre malinconica, altre felice, altre indifesa... insomma chi più ne ha più ne metta!
    Ammetto che però ora vederla lì, dinnanzi a me a lamentarsi del freddo era divertente, quasi come se il tempo fosse mio alleato contro le autorità. Visto che insisteva tanto nel volermi vedere decisi di dargli una chance, insomma tanto non avevo di meglio da fare no?
    Lasciai passare qualche secondo, fissai ogni suo movimento e poco dopo che strinse le sue braccia al petto come se fosse seccata decisi di agire, era il momento perfetto!
    Con un piccolo scatto in avanti le diedi una leggera testata al busto, con la giusta forza per non farle male ma abbastanza per sbilanciarla nel tentativo di farla cadere all'indietro.
    Subito dopo mi portai dietro di lei e lentamente ripresi la forma umana.
    « Mettiti questo... sei fortunata che sono pur sempre un gentiluomo. »
    Parlai senza riflettere minimamente, il tono pacato e distaccato, e le gettai addosso il mio cappotto. Il modo in cui agii sembrò quasi dettato più da una regola morale che da un interesse personale, invece in realtà era tutto il contrario. C'era qualcosa in lei che mi attirava a sè e non riuscivo a spiegarmelo.
    Scossi la testa cercando di non dar troppo peso ai pensieri e mi diressi con passo lento verso l'entrata del pub.
    « Sbrigati o la voglia di offrirti qualcosa di caldo potrebbe anche passarmi. »

     
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  6. Gabrielle~
     
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    Era decisamente Dante. Lo capii quando si avvicinò a me con quel fare da "adesso ne combino una delle mie". Conoscevo fin troppo bene quello sguardo.
    Ammetto poi che vedersi arrivare vicino un lupo grigio non era esattamente confortante. Ma poi il suo muso colpì le mie braccia intrecciate, e io persi l'equilibrio cadendo all'indietro.
    «Ehi!» esclamai, ma la sua successiva azione mi lasciò senza parole, una volta tanto: una volta tornato umano alle mie spalle, posò su di esse il suo cappotto, un po' pesante ma caldo. «Mettiti questo... sei fortunata ch sono pur sempre un gentiluomo.» mi disse, mentre mi stringevo il cappotto al petto e lo seguivo con lo sguardo.
    Si, mi aveva stupita alquanto. Era stato il mio migliore amico d'infanzia e poi l'unico ragazzo che guardassi ogni qual volta potevo a scuola. E lui lo sapeva, eccome se lo sapeva! E ora mi ritrovavo davanti un uomo, non proprio diverso dal Dante che ricordavo, ma pur sempre un'altra persona.
    Una sola cosa era certa: non era più il bambino di Venezia.
    Dato che rimanevo seduta nella neve a fissarlo, con un misto di sbigottimento e gratitudine nella voce, riprese a parlarmi. «Sbrigati o la voglia di offrirti qualcosa di caldo potrebbe anche passarmi.»
    Sorrisi, decidendo finalmente di alzarmi, anche perchè devo ammettere che mi stavo davvero congelando. Mi strinsi di più nel suo cappotto e lo raggiunsi, osservandolo con la testa piegata di lato. «Vedo che non hai perso il tuo caratterino amichevole» ironizzai, trattenendo una risatina.



    Edited by edge • - 26/10/2022, 17:35
     
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    Il mio caratterino amichevole? Ma se nemmeno la conosco!
    Non potei fare a meno di accennare una smorfia seccata all'udire di quelle parole. Per quanto fossero dette in modo ironico ci terrei a ricordare che non mi fidavo di lei, era un'autorità e non me la raccontava nemmeno giusta. C'era qualcosa di più ,oltre al semplice ruolo che ricopriva, a darmi sui nervi, il problema è che non riuscivo a ricollegarla a nulla se non a stupide ed insignificanti vicende scolastiche ed era impossibile che potesse suscitare tutto quell'interesse per sciocchezze del genere.
    Non proferii parola fino a quando non raggiunsi il bancone del locale, mi appoggiai ad esso curvando leggermente la schiena e posando le braccia conserte su di esso per farmi da sostegno.
    Lanciai una rapida occhiata verso la preside e poi verso lo sgabello posto al mio fianco, come per farle segno di sedersi accanto a me.
    « Una cioccolata calda per la signora e una qualsiasi cosa alcoholica per me. »
    Non chiesi nemmeno per favore, mi limitai a fare l'ordinazione senza degnare di uno sguardo la persona dietro il banco e senza preoccuparmi di mostrare un minimo di educazione.
    Per quanto potesse non sembrare ormai quel luogo era come casa, ora che avevo un aspetto umano probabilmente molti all'interno del locale potevano riconoscermi grazie alla pessima reputazione che mi sono costruito in questi anni al di fuori dell'istituto. In qualche modo però si dovrà pur sempre campare.
    Misi una mano nella tasca dei pantaloni, presi qualche moneta e la gettai sul legno del bancone.
    « Tieni pure il resto come al solito. »

    Poco dopo la proprietaria del pub ci servì: accompagnò con gentilezza la tazza di cioccolata calda verso la preside mentre con un tonfo picchio un bicchiere con uno strano liquido marroncino e del ghiaccio dinnanzi a me borbottando qualcosa tipo: « Siamo sempre alle solite, quando imparerai l'educazione giovanotto!? »
    Ignorai totalmente il gesto e il commento della donna, presi il bicchiere e diedi un bel sorso al liquido. Era decisamente forte, tanto che per un attimo la mia faccia si raggrumò tutta in una smorfia di disgusto, per non parlare del retrogusto amarognolo lasciato in bocca. Un inferno!
    Spostai la mia attenzione, ed il mio sguardo, sulla giovane signora al mio fianco e decidi di rompere il ghiaccio.
    « Così giovane e attraente e già così impegnata e sopraffatta dalle responsabilità... Dimmi un po' signorina: cosa ci fai qui? Non dovresti essere chiusa tra le solite quattro mura a badare a dei marmocchi? Soprattutto ora nella situazione in cui ci troviamo. »
    Tipico tono da "so tutto io", nemmeno le stessi facendo la paternale. Non le diedi però il tempo di rispondere che subito ripresi a parlare ma questa volta con la voce più pacata, quasi bisbigliando come se non volessi farmi udire da altrui persone oltre a lei.
    « E soprattutto... perchè vi siete fermata a congelare dinnanzi ad un lupo? »

     
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  8. Gabrielle~
     
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    Decise di non proferire parola fino a quando non si fermò al bancone dei Tre Manici di Scopa e mi fece cenno di sedermi.
    Mentre mi arrampicavo sullo sgabello non riuscii a toglierli gli occhi di dosso. Ormai avevo capito che la sua memoria era persa e che per fargli capire chi ero ci avrei messo un po'. Ma era un rischio che calcolavo da qualche anno a questa parte. Da almeno quattordici.
    Ordinò una cioccolata calda per me e una quasiasi cosa alcolica per lui. Ovviamente, con un tono strafottente al punto che se fosse stato un mio studente l'avrei preso per le orecchie.
    Buon per lui che non era così.
    Avevo sempre pensato che Madama Rosmerta fosse troppo buona, e quell'idea non scemò quando lo servì: il tono in cui gli disse di imparare le buone maniere sfumava nell'esasperato misto al divertito. Si era in qualche modo affezionata a lui, dato che dal modo in cui si comportava sembrava che passasse parecchio tempo al pub.
    Notai anche che gli altri clienti del locale gli lanciavano occhiate non esattamente amichevoli. Mi domandai quale tipo di nomea si era fatto in quegli ultimi anni. Che fine aveva fatto il ragazzino vivace e innocuo? Probabilmente era perso nei meandri di quella memoria fin troppo oscura e perduta nella sua mente.

    Mentre mi scaldavo le mani attorno alla tazza fumante, aspettando che il liquido scuro si raffreddasse per non rischiare di ustionarmi, Dante si rivolse a me, non dopo aver bevuto quello strano intruglio che Rosmerta gli aveva portato e aver mostrato una smorfia che la diceva lunga sulla bontà del suddetto liquido.
    «Così giovane e attraente e già così impegnata e sopraffatta dalle responsabilità... Dimmi un po' signorina: cosa ci fai qui? Non dovresti essere chiusa tra le solite quattro mura a badare a dei marmocchi? Soprattutto ora nella situazione in cui ci troviamo.» Non avevo nemmeno avuto il tempo di rispondere che lui aveva sussurrato: «E soprattutto... perchè vi siete fermata a congelare dinnanzi ad un lupo?»
    Lo guardai di traverso. «Guarda che usare il mio nome non ti costa poi tanta fatica.» dissi, non perchè essere chiamata signorina fosse fastidioso, ma volevo approfittarne per rompergli un po' le scatole. «Le-ti-zia. Non è difficile.» scandii bene le sillabe, soffiando poi successivamente su una ciocca ribelle che aveva deciso di finirmi sull'occhio. «E comunque, i miei studenti sono al sicuro. Ci sono diversi Auror tra gli insegnanti che sanno fare il loro lavoro. Anche senza la Magia.» spiegai, osservando per un momento la cioccolata, prima di tornare su di lui. «E comunque, non c'è molto da fare, almeno finchè il Ministero non capisce cosa sia successo» non dovetti sembrare convincente, perchè non ero convinta nemmeno io. Riponevo ben poca fiducia nel Ministero della Magia, sebbene dopo la Guerra fosse migliorato nettamente. Ma un Ministero che nega a un uomo di diventare Auror per la sola motivazione che è un lupo mannaro non poteva avere la mia simpatia.
    Dopodichè mi dedicai alla sua seconda domanda, abbassando la voce in modo che potesse sentirmi solo lui. «Ti avevo riconosciuto» riposi semplicemente, prendendo la tazza e portandola vicino al viso. «Non dalla forma che avevi preso, dato che come lupo non ti avevo mai visto, ma dagli occhi. Avevi lo stesso sguardo che hai adesso.» bevvi un sorso di cioccolata e attesi la sua risposta.
    Come minimo si sarebbe fatto un sacco di domande sul chi diavolo fossi per aver riconosciuto il suo sguardo quando era trasformato in lupo. E soprattutto, sul chi diavolo fossi in generale.
    Non aveva nemmeno tutti i torti. Ciò che era scontato per me lo era ben poco per lui. Speravo solo che avrebbe ritrovato in fretta la memoria.



    Edited by edge • - 26/10/2022, 17:35
     
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    Non è che non volessi usare il suo nome è che effettivamente non me lo ricordavo. Avrà vissuto pure il mio stesso periodo scolastico, sarà pur diventata un'insegnante di Pozioni, sarà anche l'attuale preside di Hogwarts ma... non mi ha mai minimamente interessato sapere e memorizzare il suo nome, non ne avevo bisogno, o almeno questo credo.
    Letizia, un nome del tutto fuori dal comune per la nazione in cui ci trovavamo, ciò lasciava dunque pensare che potesse essere straniera. Probabilmente era perfino del mio stesso Paese natio, l'Italia. Non che di questo andassi molto fiero, per quanto potei ricordare in quel momento la sua era una famiglia del tutto rispettabile ma l'aspetto attuale del paese non era uno dei migliori. Giornali o televisioni del mondo babbano di certo non avevano trasmesso mai una bella immagine dell'Italia. Dunque quelle poche volte che finii nel normale mondo mi convinsi che era inutile andare a visitare un luogo del genere, avrebbe solo gettato fango sulla scarsa memoria del mio passato, volevo trovare il modo di ricordarlo per ciò che fu veramente.
    Passando ad altro, Letizia non era solo un nome del tutto inusuale per quel posto ma era proprio un bel nome, ma suscitò qualcosa in me: all'udire di quelle parole un brivido mi risalì lungo la schiena. Qualcosa aveva fatto scattare un ricordo in me, delle immagini sfuocate e degli echi lontani riecheggiarono per un brevissimo lasso di tempo nella mia mente. Vidi una casa in lontananza con un giardino a primo impatto ben curato il tutto avvolto tra delle risate di quelli che, a primo impatto, pareva fossero dei bambini, ma non li vedevo, non riuscivo a comprendere chi mai potessero essere.
    Scossi la testa cercando di far sparire quei pensieri e continuai ad ascoltare le parole della preside.
    « E comunque, i miei studenti sono al sicuro. Ci sono diversi Auror tra gli insegnanti che sanno fare il loro lavoro. Anche senza la Magia. E comunque, non c'è molto da fare, almeno finchè il Ministero non capisce cosa sia successo. » A quanto pare si fidava bene delle persone che la circondavano. Stupido da parte sua, almeno a mio parere, molte volte sono proprio quelle persone a tradirti per prime, meglio rimanere soli e fidarsi solo di se stessi.
    Notai però un'altra cosa: quando passò l'argomento sul Ministero della Magia il suo tonò cambiò, quasi come se quest'ultimo non fosse di suo particolare gradimento. Il Ministero stesso in passato non è mai stato poi così tanto ben visto, forse in molti casi era più un intralcio che un vero e proprio aiuto per mantenere l'ordine tra i maghi. Ma chi ero io per giudicare, infondo odiavo qualsiasi tipo di autorità quindi il mio giudizio è comunque di parte.
    Non era questo che però volevo sapere, avevo fatto quelle domande solo per distogliere l'attenzione dei presenti, quel che mi interessava veramente era riceve delle risposte in merito al fatto che non mi toglieva gli occhi di dosso da anni, nemmeno fosse innamorata di me!
    Oddio che brutto pensiero ho appena fatto... questa brodaglia alcoholica è davvero terribile, ho fatto solo un sorso e già la mia mente sta tentando il suicidio con ipotesi simili! Che diavolo ci ha messo dentro quella vecchia strega?
    Al sol pensiero di una Letizia innamorata di me un'altro brivido si fece strada lungo la schiena, per cercare di dimenticare all'istante scolai giù un altro sorso di quell'orribile liquido, mi raggrumai nuovamente in una smorfia di disgusto e poi ripresi ad ascoltare la giovane donna al mio fianco.
    «Ti avevo riconosciuto. Non dalla forma che avevi preso, dato che come lupo non ti avevo mai visto, ma dagli occhi. Avevi lo stesso sguardo che hai adesso.»
    Queste parole mi fecero fare un piccolo sobbalzo. Appena le udii il mio corpo automaticamente si rimise ben retto. Continuai a fissare per un attimo il bicchiere posto sul bancone dinnanzi a me cercando di dare una spiegazione a quelle parole. I miei occhi? Il mio sguardo? Come poteva conoscerli così bene da potermi riconoscere? Che mai potevano avere di particolare, era dei semplicissimi occhi, in quel caso perfino da lupo. Ma perchè stare qui a rodersi il fegato cercando di capire quando tutte le risposte che voglio giacciono esattamente al mio fianco.
    Colsi la palla al balzo e mi girai di scatto, inclinai leggermente la schiena, presi il volto di lei con la mano sinistra e lo avvicinai delicatamente al mio e poi fissandola dritta negli occhi con aria di sfida le parlai, cercando di formulare le corrette domande sperando di ricevere risposta.
    « Come hai fatto a comprendere che ero io? Perchè parli come se mi conoscessi meglio di chiunque altro? Che avrà mai il mio sguardo per permetterti di parlare come se potessi riconoscermi perfino in mezzo a mille cloni. »
    Come al mio solito non le diedi il tempo di rispondere. Appena finii di parlare lasciai il suo volto e tornai in posizione eretta, ma senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
    Misi le mani in tasca e ripresi a parlare.
    « Sono anni ormai che non distogli lo sguardo da me. L'ho notato più e più volte che in ogni momento che le nostre strade si incrociano tu sei lì, con lo sguardo fisso su di me come se volessi dirmi qualcosa. Chi sei in realtà? Cosa sai che io non so? E soprattutto: perchè tutto ciò al posto di farmi innervosire come mai prima mi suscita questo strano interesse verso di te? »

     
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  10. Gabrielle~
     
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    Bevvi qualche sorso mentre aspettavo che Dante rispondesse.
    Avevo una vaga idea di come avrebbe reagito: dopotutto, avevo potuto constatare che non aveva perso il suo caratterino.
    Sembrò squadrarmi per un po', e avrei dato qualsiasi cosa per poter vedere o leggere i suoi pensieri in quel momento. Era abbastanza bravo a nasconderli, e soprattutto sembrava ben capace di comprendere al volo le sfumature, i sottotesti che si celavano dietro le parole. Perchè io ero sicura che avesse colto tutti i miei cambi di tono. Considerando poi che anche da piccolo odiava che gli venissero impartiti ordini, dovevo sembrargli una specie di nemico da cui difendersi.
    Lo guardai mentre si scolava un altro sorso di quell'intruglio che mi appuntai mentalmente di chiedere a Rosmerta come si chiamasse. Non per berlo, s'intende: volevo saperlo per evitarlo. E magari farlo evitare anche a lui, in futuro.
    Dopo la consueta smorfia disgustata, riportò l'attenzione su di me e sulle ultime parole che avevo pronunciato.
    E per la seconda volta in pochi minuti mi lasciò di sasso.
    In un attimo le dita della sua mancina avevano preso il mio viso e i suoi occhi erano a pochi centimetri dai miei. Sentii il respiro mozzarsi per diversi istanti.
    Che diavolo, Letizia! E' il tuo amico d'infanzia! ...un amico cresciuto fin troppo bene però.
    Cercai di concentrarmi sulle domande che mi pose. Il suo respiro aveva un vago odore di quell'intruglio misto a qualcosa di diverso, più buono.
    «Come hai fatto a comprendere che ero io? Perchè parli come se mi conoscessi meglio di chiunque altro? Che avrà mai il mio sguardo per permetterti di parlare come se potessi riconoscermi perfino in mezzo a mille cloni.» E per la seconda volta non mi lasciò il tempo di rispondere.
    Si allontanò, riprendendo una posizione normale, e io uscii dall'apnea. Nascosi il viso nella tazza per non mostrare quanto dovessi riprendermi dopo quel breve contatto.
    «Sono anni ormai che non distogli lo sguardo da me. L'ho notato più e più volte che in ogni momento che le nostre strade si incrociano tu sei lì, con lo sguardo fisso su di me come se volessi dirmi qualcosa. Chi sei in realtà? Cosa sai che io non so? E soprattutto: perchè tutto ciò al posto di farmi innervosire come mai prima mi suscita questo strano interesse verso di te?»
    «Io potrei davvero riconoscerti in mezzo a mille cloni, Dante.» replicai, rimettendo la tazza sul banco. «Non posso certo dire di conoscerti meglio di chiunque altro. Non ho questa presunzione. Ma conosco abbastanza.» Sapevo bene che tutto ciò lo avrebbe innervosito, ma dovevo anche trovare le parole adatte. Non potevo certo dirgli ehi Dante, io sono la tua amica d'infanzia, quella con cui giocavi nel giardino della tua villa di Venezia insieme a una gemella di cui nemmeno conosci l'esistenza e che di sicuro hai incrociato ad Hogwarts. Insomma, non era il massimo spiattellargli in faccia una cosa così.
    Era vero, erano anni che non gli toglievo gli occhi di dosso, nella remota speranza che potesse ricordarsi di me. Speranza che era svanita non appena mi aveva posto quella domanda sul come mai mi fossi fermata a parlare con un lupo.
    «Sono Letizia Anmory e vivevo a Venezia» tanto era inutile girarci troppo attorno. Avevo solo deciso di non rivelare tutto così, su due piedi. Come ho già detto, non sono cose che si spiattellano tanto facilmente. «So che hai perso la memoria e che non ricordi nulla del tuo passato. So che conosci il tuo cognome, ma non la tua storia. Forse è questo che ti scatena tanto interesse, non credi?»



    Edited by edge • - 26/10/2022, 17:35
     
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    Dannazione, che nervi!
    Era decisamente riuscita a farmi innervosire, di nuovo. Aveva si dato una risposta ma non aveva detto nulla che non avessi già intuito da solo. Sapevo che mi nascondeva qualcosa, sapevo che lei era a conoscenza di molto di più rispetto a quello che dava a vedere. Odiavo, e odio tutt'ora, quando mi si nascondono le cose. Volevo sapere di più, volevo ricordare il mio passato. Era giunto il momento di affrontare ciò che fino ad poco prima evitavo come la peste. Negli ultimi mesi passavo molto tempo a rileggere il diario di mia madre, cercavo delle risposte, cercavo di sforzare il mio cervello a ricordare. Ma non ottenevo altro che ulteriori dubbi, domande a cui non potevo dare risposta... e ciò non faceva altro che alimentare quel mostro rabbioso dentro di me che caratterizzava la corazza attorno al mio cuore.
    Se c'è una cosa che non era mutata nel tempo era la mia impulsività, reagivo sempre per istinto.
    Preso dal nervosismo afferrai il mio bicchiere e scolai tutto d'un fiato il liquido marroncino rimante al suo interno.
    Dovetti tirare un colpo di tosse, bevvi talmente velocemente che mi ingozzai come un povero stolto. In quel momento però non riuscivo a riflettere, non so se i miei movimenti erano dettati più dall'alcohol o dal nervoso fatto sta che misi le mani in tasca e mi precipitai al di fuori del locale con passo svelto.
    Diedi un forte colpo alla porta per spalancarla dinnanzi a me e darmi la possibilità di uscire lasciandola chiudersi da sola con un forte tonfo. Probabilmente chiunque all'interno del locale avrebbe fatto un salto sulla sedia per il forte rumore inaspettato.
    Continuai a camminare dritto per dritto lasciando delle profonde impronte nella neve ed una volta giunto dinnanzi ad una casa mezza diroccata mi fermai.
    Fissai per qualche istante un punto vuoto del muro in legno posto davanti a me, strinsi la mano destra chiudendola in un pugno e non esitai a sferrare quest'ultimo sul caseggiato accompagnandolo con un forte urlo.
    In quel preciso istante non c'era nessuno vicino a me, ero sicuro che Letizia mi avrebbe seguito senza ripensamenti ma non uscì subito al mio seguito quindi nessuno vide ciò che feci.
    Rimasi lì fermo immobile, la mano destra ben salda al legno della casa, quella sinistra ancora in tasca. Lo sguardo perso nel vuoto mentre respiravo con affanno, come se avessi appena fatto un chissà quale sforzo.
    Il fiato si condensava continuamente in piccole nuvolette bianche ed esse non avevano nemmeno il tempo di scomparire che subito al seguito se ne creavano altre.
    Perchè reagii in quel modo? Perchè la sua risposta così scontata e riservata mi fece andare su tutte le furie?
    Come al solito avevo rovinato tutto, o almeno così credevo. Anche se mi avrebbe realmente seguito all'esterno come credevo perchè mai si sarebbe dovuta fermare dopo avermi visto in quelle condizioni. Ero un pericolo per me stesso e gli altri. Ma non perchè fossi cattivo, ma perchè questa personalità instabile era tutto ciò che mi proteggeva dal dolore del mio passato.
    Ero talmente preso dalla collera che nemmeno mi fermai a riflettere ma quando lo feci, dopo tutto il precedente casino, mi accorsi di un particolare detto da quella donna: « ...vivevo a Venezia. »
    Esattamente. Disse che viveva a Venezia, la mia stessa città! Come ho detto in precedenza sospettavo già che conoscesse qualcosa del mio passato, sapeva che avevo perso la memoria anche se francamente chiunque provenisse dall'Italia sapeva del mio incidente e dei mesi di coma che il figlio della famosa famiglia Kenway aveva passato. Ma c'era qualcosa di più sicuramente, disse di abitare a Venezia e il tono di voce con cui concluse il suo discorso sembrava quasi un invito a scavare più in profondità.
    Feci un mezzo sorriso, non perchè la situazione fosse divertente ma per ridicolizzare il mio solito e stupido comportamento impulsivo. Volevo voltarmi e tornare all'interno per chiedere ulteriori informazioni, in cuor mio speravo addirittura che fosse lì in piedi dietro di me pronta a dirmi tutto ciò che riteneva necessario, ma probabilmente erano solo false speranze. Non lo seppi all'istante perchè non ebbi il coraggio di girarmi e affrontare subito i demoni del mio passato.

     
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  12. Gabrielle~
     
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    Dante non replicò. Afferrò il bicchiere e scolò tutto il liquido allinterno, salvo poi rischiare di affogarci. E quando si alzò e uscì sbattendo la porta lo osservai dirigersi non si sa bene dove lasciando profondi solchi nella neve.
    Ammetto che all'inizio ero un po' indecisa. Non sapevo se seguirlo o lasciarlo sbollire da solo. Ma poi decisi che lasciarlo da solo sarebbe stato come far andare in giro un drago impazzito.
    Saltai giù dallo sgabello e uscii dal locale, salutando Rosmerta con un cenno della mano.
    Non avevo la più pallida idea di dove si fosse diretto, ma fortunatamente in quel momento la strada era deserta e le uniche impronte che vedevo uscire dai Tre Manici di Scopa erano le sue.
    Era arrivato davanti a una casa mezza diroccata. Rimasi dietro di lui, aspettando che desse qualche segno di vita.
    E il segno di vita arrivò abbastanza in fretta.
    Sobbalzai quando decise di scaricare la sua frustrazione sulla casa. Si sentì qualcosa cadere all'interno, ma nessuno dei due ci badò.
    Non sapevo cosa fare o dire. Dopotutto, non avevo la più pallida idea di come potesse sentirsi, senza ricordi. Senza un'identità, se non un nome che poteva significare tutto o niente.
    «Dante...» fu un sussurro, una specie di avviso che ero lì, che poteva girarsi e guardarmi, domandarmi.
    Feci un passo in avanti, ma mi fermai. Potevo farlo? Come avrebbe reagito?
    Ma soprattutto, perchè mi facevo tante menate? Era mio amico, e l'unica cosa che volevo era aiutarlo a ricordare.
    Alla fine però mi decisi: mi portai di fianco a lui e gli posai delicatamente una mano sulla spalla. «Non posso dire che so come ti senti, perchè sarebbe una bugia.» cominciai, mantenendo comunque un tono basso. «Io voglio aiutarti. Solo che ci sono delle cose che non è facile dire così, su due piedi.» sospirai, cercando ancora le parole adatte per mandare avanti quel discorso. Ma poi capii che era meglio non andare avanti. «Chiedimi ciò che vuoi.» Dissi infine. Volevo che fosse lui a pormi le domande che più gli premevano, se avesse deciso di farmele. Se avesse deciso di affrontare il suo passato. E a quel punto avrei risposto sinceramente e senza troppi giri di parole.
    Alla fin fine, glielo dovevo.



    Edited by edge • - 26/10/2022, 17:35
     
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    Tutto si fermò. In quel preciso istante parve quasi che il tempo cessasse il suo corso. Letizia si era avvicinata a me e aveva posato delicatamente la sua mano sulla mia spalla. In quel momento mi si mozzò il fiato e sentii come una lama trafiggermi il petto. Che stava succedendo? Perchè il mio corpo reagì in quel modo?
    Mai prima d'ora mi trovai in una situazione simile, per la prima volta mi sentivo come spogliato da ogni protezione dinnanzi a qualcuno, come se per lei fossi sempre stato un libro aperto senza il minimo segreto.
    Deglutii e cercai di non far notare il mio stupore misto alla paura di quel momento. Sentirsi in quel modo, così esposto, mi spaventò a tal punto da lasciarmi shockato.
    Disse di non poter comprendere come mi sentivo in quel periodo, d'altronde chi mai poteva farlo? Non penso fossero poi in molti i bambini cresciuti soli, senza una famiglia e senza nemmeno un ricordo dell'infanzia. Quasi nessuno si sarà trovato nella situazione di non saper nemmeno rispondere alla domanda "Come ti chiami" o "Chi sei".
    Quando ero piccolo, poco dopo il mio risveglio dal coma, qualche dottore si offrì per tentare di aiutarmi a recuperare la memoria ma mi rifiutai sempre di provare, avevo paura di cosa potesse mai nascondersi nel mio passato.
    Ascoltai attentamente anche le successive parole di quella donna. Disse perfino di volermi aiutare, disse che ci son cose difficili da riferire. Ma la cosa più importante è che mi concesse la possibilità di chiederle tutto ciò che volevo.
    Nel preciso istante in cui terminò quella frase un milione di domande mi saltarono alla mente: chi ero in realtà? Chi erano i miei genitori? Cosa successe esattamente la sera dell'incidente? Come era stata la mia infanzia? Avevo degli amici o comunque qualcuno di importante oltre la famiglia?
    Potrei andare avanti per ore ad elencare tutti quei dubbi e quelle domande senza risposta che per anni attanagliarono la mia mente ma che in un sol momento si scaraventarono addosso a me come un treno a tutta potenza.
    Tolsi la mano appoggiata al muro, la fissai per qualche secondo e notai dei leggeri graffi sulle nocche con qualche goccia di sangue che fuoriusciva, probabilmente colpa di qualche scheggia del legno. Non diedi peso alle insignificante ferite e riportai l'attenzione su Letizia voltandomi completamente verso di lei e fissandola dritta negli occhi.
    Presi lentamente le sue mani gelide dal freddo e la feci avvicinare leggermente a me. Notai con piacere che ancora indossava il mio cappotto, presi dunque a scostarne leggermente il lato destro che rivelò una tasta al proprio interno. Infilai la mano sinistra in quella tasca, afferrai l'oggetto al suo interno e dopo averlo estratto lo riposi fra le mani della giovane donna.
    Si trattava del diario di mia madre, un piccolo quadernino ricoperto in pelle marroncina, liscio al tatto. Era chiuso sul lato destro da un piccolo fiocco creato con una stringa, anch'essa in pelle e probabilmente reciclata dagli scarti di produzione del diario.
    « Anche se mi hai detto il tuo nome e da dove provieni sento di non conoscerti ancora, non a pieno per lo meno. So che c'è di più, so che nascondi dei segreti dentro di te di cui vorrei venire a conoscenza. Ma non credo di essere pronto ad affrontarli e forse non lo sarò mai. »
    Ovviamente il lupo perde il pelo ma non il vizio quindi appena terminai quella frase non le diedi, per la terza volta consecutiva, il tempo di rispondere. Scostai le mie mani, che in quel momento avvolgevano le sue, le riposi in tasta e mi allontanai da lei di qualche passo dandole le spalle.
    Volsi poi il volto verso il cielo cercando di scrutarlo alla ricerca di qualcosa, probabilmente dell'incantevole luce lunare che ogni sera era in grado di ghermire la mia attenzione con la sua flebile eleganza.
    « Quello è il diario di Madre, o almeno questo c'è scritto al suo interno. L'ho ritrovato il giorno in cui mi sono risvegliato dal coma poggiato sul comodino al fianco del mio letto. » Presi una piccola pausa e poi ricominciai a parlare. « Dici di volermi aiutare quindi voglio darti una possibilità. Come avrai notato non sono un simpatizzante delle autorità, che si trattino di semplici presidi scolastici a governatori o ministri. C'è qualcosa però in te che suscita un sentimento di fiducia, non ho idea del motivo e preferisco attualmente non dedicarmi a scoprire il perchè di tutto ciò. Ti lascio questo diario, l'unico ricordo del mio passato e l'unico reale oggetto a cui tengo, è tutto ciò che mi resta di mia madre. Trattalo con cura, leggi il suo contenuto se vuoi. Deciderai poi tu cosa potermi dire e cosa no. Tanto oramai penso tu abbia compreso dove trovarmi. »
    Cessai di parlare all'improvviso e, con rammarico per non esser riuscito a scovare la luna in quel lasso di tempo, incominciai a incamminarmi lentamente per la strada innevata, senza una meta, senza uno scopo e dimenticandomi completamente che il mio giubbotto era ancora posto sulla donna. Ero talmente assorto nei miei pensieri che nemmeno davo peso al freddo pungente di quella serata d'inverno. Chissà se mi avrebbe seguito.

     
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  14. Gabrielle~
     
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    Lo osservai mentre scostava il cappotto che ancora tenevo sulle spalle e prendeva qualcosa dalla tasca.
    Era un quadernetto rilegato in pelle, chiuso da un nastrino dello stesso materiale. Sembrava alquanto vissuto, e in certi punti potevo scorgere dove le dita si erano posate più spesso.
    Notai, mentre me lo metteva tra le mani, quanto fossero calde quelle di Dante; se si considerava poi che ci trovavamo in un paese coperto di neve in mezzo alle montagne e lui era in canottiera, mentre io avevo addosso due cappotti, dava da pensare.
    «Anche se mi hai detto il tuo nome e da dove provieni sento di non conoscerti ancora, non a pieno per lo meno. So che c'è di più, so che nascondi dei segreti dentro di te di cui vorrei venire a conoscenza. Ma non credo di essere pronto ad affrontarli e forse non lo sarò mai.» Ovviamente nemmeno adesso mi fece rispondere, ma lasciò le mie mani e si allontanò di qualche passo, dandomi le spalle.
    Quando parlò di nuovo stava scrutando il cielo, come se cercasse qualcosa. « Quello è il diario di Madre, o almeno questo c'è scritto al suo interno. L'ho ritrovato il giorno in cui mi sono risvegliato dal coma poggiato sul comodino al fianco del mio letto. Dici di volermi aiutare quindi voglio darti una possibilità. Come avrai notato non sono un simpatizzante delle autorità, che si trattino di semplici presidi scolastici a governatori o ministri. C'è qualcosa però in te che suscita un sentimento di fiducia, non ho idea del motivo e preferisco attualmente non dedicarmi a scoprire il perchè di tutto ciò. Ti lascio questo diario, l'unico ricordo del mio passato e l'unico reale oggetto a cui tengo, è tutto ciò che mi resta di mia madre. Trattalo con cura, leggi il suo contenuto se vuoi. Deciderai poi tu cosa potermi dire e cosa no. Tanto oramai penso tu abbia compreso dove trovarmi.»
    Cominciò a camminare, allontanandosi per la seconda volta da me. Non avevo intenzione di lasciarlo andare così.
    Lo seguii affrettando il passo per mettermi accanto a lui. Non dissi nulla, semplicemente slacciai il cordoncino e aprii il diario alla prima pagina.
    Non era la prima volta che leggevo mentre camminavo. Praticamente le cose che mi passavano accanto non le vedevo nemmeno. La grafia era elegante e chiara, quindi non dovevo sforzarmi per leggerla.
    Ma dopo qualche pagina già notai la prima stranezza. «C'è qualcosa che non va» dissi, voltando avanti e indietro lo stesso foglio. «Qui manca una pagina.» corrugai la fronte, certa di non sbagliarmi. Vedevo chiaramente i pezzetti restanti del foglio strappato. E andando avanti a leggere il diario, notai che mancavano altre pagine.
    E soprattutto, che non veniva mai citata Edith. Perchè, se quello era davvero il diario della signora Kenway, ometteva di citare anche la gemella di Dante?



    Edited by edge • - 26/10/2022, 17:36
     
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    Sentii alle mie spalle qualcosa avvicinarsi a ritmo sostenuto e quando volsi lo sguardo notai si trattò di Letizia. Non pensavo mi avrebbe realmente seguito, credevo che sarebbe rimasta del tipo impalata e shockata per qualche minuto a fissare il punto in cui mi ero allontanato, tipica scena da film insomma.
    Accennai un leggero sorriso, per quanto incredulo ammetto che quel gesto mi fece piacere, cercai però di nasconderlo subito tornado con la solita espressione spenta a fissare il vuoto dinnanzi a me.
    Appena la giovane donna mi raggiunse rallentò il passo per mettersi al mio pari e continuare a camminare imperterrita al mio fianco, senza badare a dove andasse. A tal proposito ogni 10 secondi dovevo spostarla a sinistra o a destra per evitare qualche palo, muro o qualsiasi altro tipo di ostacolo le si potesse parare davanti. Era assurda, non riuscivo a credere che potesse immergersi talmente tanto nella lettura da poter ignorare completamente ciò che la circondava.
    Qualche istante dopo la sentii proferire parola, disse che qualcosa non le tornava, addirittura mancavano delle pagine.
    Su questo aveva ragione, notai anch'io, in passato, quando lo lessi per la prima volta che alcune pagine mancavano, solo che non sapevo minimamente come poter risalire ad esse. L'unica possibilità che mi passava per la testa era quella di far visita alla vecchia casa di famiglia ma dopo l'incidente non ci misi più piede, non sapevo nemmeno se era stata lasciata in eredità a me oppure se il comune l'avesse ritirata per rivenderla al miglior offerente ed intascarsi buona parte del ricavato. Su un possibile testamento non seppi mai nulla, la persona che seguii il mio caso non me ne fece mai parola, l'unica cosa che mi fu lasciata oltre al diario era un ingente somma di denaro messa da parte apposta per me dai miei genitori, null'altro.
    « Cerca di prestare un po' di attenzione a dove cammini, non posso mica farti da balia e strattonarti a destra e sinistra di continuo per farti evitare qualsiasi cosa sbarri il tuo cammino. Non mi paghi nemmeno per farlo! » Accennai una piccola risata, giusto per spezzare un attimo il momento per poi ritornare subito serio.
    « Ci ho pensato più volte ma non ho mai indagato a riguardo... secondo te a quando possono risalire quegli strappi? »
    C'era un altro dubbio che mi attanagliava, uno che avrei esposto solo a seconda della risposta di Letizia alla mia domanda

     
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