Dov'è finita la magia?

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    Ciò che era successo aveva dell'incredibile, se non dell'inquietante.
    Non riuscivo a credere che fosse accaduto realmente, che realmente la magia se ne fosse andata, per fare cosa, poi?
    Che senso aveva lasciarci vuoti, come Babbani?
    Io avevo bisogno della magia, mi serviva per i miei spettacoli.
    Non che non sarei riuscito a mettere in piedi uno show utilizzando le tecniche da illusionista Babbano, ma sicuramente non sarei riuscito a prendere fuoco, trasformandomi in una Fenice, così come non sarei riuscito a produrre un Drago di Komodo (il mio patronus) per stupire i bambini.
    Insomma, avrei perso la mia fama, perciò era vitale, indispensabile, che riuscissi a scoprire cosa fosse successo e, soprattutto, come porvi rimedio.
    Per quella ragione avevo deciso di tornare ad Hogwarts, dove si trovavano i migliori Maghi e le migliori Streghe che conoscessi.
    Speravo in un confronto, speravo che, mettendo insieme più teste, si riuscisse a trovare una cura per questa 'malattia' che ci stava affliggendo.
    Non ero mai stato una cima a scuola, anzi, ero piuttosto scarso, ma quando mi impegnavo ottenevo i miei risultati e mi sarei impegnato oltre ogni mia possibilità per risolvere questa situazione.
    Mi incamminai per Hogwarts a piedi da Hogsmeade, che avevo raggiunto con un normalissimo treno.
    Beh, non ero mai stato schizzinoso e amavo i Babbani, perciò non era un problema per me utilizzare il loro 'stile' per spostarmi o per vivere.
    Abitavo in una villa Babbana, in un quartiere Babbano, con ben pochi aspetti magici.
    Mi sapevo adattare, insomma.
    Il castello non era cambiato da quando me n'ero andato, pochi anni prima.
    Era come se il tempo si fosse fermato e questa considerazione servì per farmi sentire a casa.
    Con la coda dell'occhio cercai Mrs Purr e Gazza.
    Li avevo fatti penare durante gli anni che avevo trascorso a scuola, ma non me ne pentivo.
    Mi ero divertito e avevo fatto divertire.
    Certo, non il Custode, ma un sacco di altri studenti avevano riso di gusto dei miei scherzi e tanto bastava per sentirmi soddisfatto delle mie azioni.
    Mi chiesi tuttavia come Gazza si sarebbe comportato se mi avesse visto.
    Per il momento, però, mi ero limitato a vedere studenti che percorrevano indaffarati il cortile del castello.
    Non tutti mi conoscevano e sapevo più che bene che gli studenti che si fermavano a guardarmi provenivano da famiglie Babbane.
    La mia fama e la mia notorietà infatti erano riservate a quel mondo, a quella comunità.
    Varcai il pesante portone di legno e respirai a fondo l'aria di Hogwarts.
    Dovevo ammetterlo, non mi mancava, ma vari ricordi mi legavano a quel posto, perciò ero piuttosto felice di esservi ritornato.
    Sicuramente, vista la situazione in cui la società magica versava in questo momento, nessuno avrebbe avuto qualcosa da ridire circa la mia presenza: non era autorizzata, non avevo appuntamento con nessun professore, ma comunque non avrei fatto nulla di male, anzi, avrei dato la mia disponibilità e il mio sostegno.
     
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  2. Nellie Lovett
     
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    La Sala Comune era anche quel giorno affollata.
    Con la scomparsa della magia, gli studenti avevano reagito in modi differenti: vi era chi trascorreva le sue giornate nel parco della scuola tentando di schiarirsi le idee o bighellonava per il castello non sapendo cosa fare, chi passava il tempo chino sui volumi della biblioteca, alla ricerca di risposte; chi tartassava i professori con continue domande, spesso ripetitive, al fine di estorcere loro qualche informazione o per allontanare l'ansia... o chi semplicemente sfruttava la situazione per infastidirli.
    Gli studenti di Corvonero avevano reagito rinchiudendosi sempre più frequentemente nella torre, nel tentativo di giungere a una soluzione che potesse svelare il mistero.
    Vi era chi lavorava in disparte, chino su appunti trascritti da ciò che aveva rinvenuto in biblioteca, o chi, riunito in piccoli gruppi, sfruttava i vantaggi della collaborazione.
    Così ognuno era preso dai propri studi e, a parte il vociare dei pochi studenti che conversavano liberamente accomodati sui grandi divani blu, la quiete della sala mi permetteva di concentrarmi sul mio libro.
    Un racconto fantasy, che avevo portato con me da casa di mio padre.
    Narrava di folletti, creature fantastiche, avventure, pericoli, amicizia e cattivi che ammaliavano con le parole.
    Nulla a che vedere con ciò che realmente era il mondo della Magia.
    I Babbani avevano un curioso modo di interpretare ciò che veniva loro nascosto e che, così difficilmente, riuscivano a scorgere.
    Ne coglievano pochi dettagli, quelli che, per quanto ci sforzassimo, risultavano impossibili da celare completamente ai loro occhi.
    Da qui venivano i loro racconti, dai piccoli particolari che riuscivano a captare, dandovi in seguito diverse interpretazioni.
    E, per quanto le loro storie potessero risultare dissimili da quanto realmente accadeva nel mondo magico, trovavo divertente leggerle, forse proprio per l'ilarità suscitata dal cogliere quelle assurde differenze.
    I Maghi Oscuri, quelli che avevo conosciuto io, o di cui almeno avevo sentito parlare, non erano così magnanimi nè così affascinanti.
    Non si limitavano a spaventare, a giocare con la preda come fosse un semplice passatempo. No, qui non accadeva così.
    I cattivi che abitavano questo mondo erano intenzionati a sottometterlo, distruggerlo e ricrearlo a proprio piacimento.
    Non erano mossi da sentimenti come la pietà, l'amore... nè possedevano il senso dell'ironia, a quanto ne sapevo. No, decisamente non rispecchiavano l'ideale del cattivo presente in quella fiaba.
    Sorridendo appuntai la pagina a cui ero arrivata, sebbene ormai fossi perfettamente in grado di risalirci nel giro di pochi secondi anche senza ricorrere al segnalibro. Erano tante le volte in cui avevo letto quel libro, che ormai lo ricordavo quasi a memoria.
    Era stato un regalo di mia madre, l'ultimo dono da lei ricevuto prima che sparisse dalla mia vita, abbandonando me e mio padre.
    Mi ero posta numerosi interrogativi sul perchè della sua partenza, ma mai ero riuscita a comprendere il motivo di quel gesto.
    Mia madre mi amava. No?
    Ne ero sempre stata certa. Dunque perchè mi aveva abbandonata?
    Mai mi ero sentita così delusa, tradita... indesiderata. Mai come la sera in cui lei aveva oltrepassato la soglia di casa e, sbattendosi la porta alle spalle, era scomparsa.
    E nonostante la desolazione mi si leggesse in faccia, avevo tentato di mostrarmi forte; l'avevo fatto per mio padre e per lei che, sapevo, non desiderava che io versassi lacrime. La donna che aveva gettato il mio mondo sottosopra, con quel gesto avventato.
    E così avevo fatto. Non avevo versato una lacrima, ricacciando indietro quelle che si battevano cosi prepotentemente per uscire.
    Pensavo che mostrando un atteggiamento più adulto, mio padre avrebbe sofferto meno... e in qualche modo anch'io.
    Ma la sua partenza mi aveva ferita più di quanto io stessa ci tenessi ad ammettere.
    Scossi la testa, riscuotendomi da quei pensieri.
    Quei ricordi avevano calato un velo scuro sul mio cuore, mettendomi immediatamente in allarme, come se ancora, dopo anni, dovessi prepararmi a lottare contro l'insicurezza e la disperazione che avevo provato quella notte.
    Non volevo pensarci oltre.
    Riposi il libro e mi allontanai dalla sala, superando la statua del corvo (una delle poche cose che recasse ancora segni di magia), diretta in giardino. Avevo urgente bisogno di distrarmi.
    Scesi rapidamente le scale e imboccai la via per il cortile della scuola.
    Ma solo quando notai una faccia nuova all'ingresso mi riscossi dai miei pensieri.
    Mi fermai, certa di conoscere quel volto... non era uno studente, di sicuro aveva già concluso gli studi. E dubitavo potesse essere un nuovo insegnante: oltre ad essere troppo giovane, era improbabile che, in questa situazione, venissero assunti nuovi docenti.
    Dunque perchè mi sembrava di averlo già visto?
    Tentando di non farmi notare, gli passai accanto per osservarlo meglio, pur mantendendo una certa distanza.
    Aveva una spetto curioso, su cui di sicuro alcuni insegnanti avrebbero trovato da ridire. Quel pensiero mi fece sorridere.
    Tuttavia ancora non riuscivo a capire chi fosse.
    Improvvisamente mi resi conto di essermi fermata di fronte al portone, a fissarlo. Distolsi lo sguardo, lievemente imbarazzata.
     
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    Stavo riflettendo su quale professore interpellare per primo: da chi mostrarmi inizialmente per ricevere una qualche risposta.
    Era escluso che raggiungessi la Preside: immaginavo che fosse troppo indaffarata per badare a me.
    Sicuramente era stata tempestata da messaggi da parte del Ministero e non volevo impensierirla o aggiungerle altre occupazioni con la mia presenza.
    Decisi quindi che avrei fatto un giro per i corridoi, accettando ciò che il destino avrebbe deciso di farmi incontrare.
    In fin dei conti, un professore mi avrebbe riconosciuto. Non indossavo più la divisa, ma il mio volto era rimasto piuttosto uguale da quando avevo levato le tende da Hogwarts.
    Annuii lieto della decisione che avevo preso e feci per incamminarmi all'interno del castello quando mi accorsi di una studentessa che mi stava osservando con espressione riflessiva.
    Dedussi che mi conoscesse, o meglio, che il mio volto le ricordasse qualcosa e sorrisi accondiscendente.
    Era bello essere famosi.
    La mia ambizione era fiera di quel riconoscimento, di quell'altro paio di occhi che si era posato sulla mia figura riconducendola ad un ricordo.
    Mi chiesi se avesse visto un mio spettacolo trasmesso da una televisione Babbana oppure se avesse partecipato ad un mio show.
    In ogni caso, non era da me restarmene lì ed ignorarla, anche se ella aveva distolto lo sguardo.
    Forse non voleva indugiare troppo su di me, ma io di certo non me ne sarei risentito se avesse continuato a fissarmi.
    Mi avvicinai a lei adottando il mio classico atteggiamento spontaneo; molti dei miei colleghi Babbani si schermivano dietro un comportamento distaccato ed altezzoso, quasi inarrivabile, ma quel modo di agire non corrispondeva al mio stile.
    Non era da me creare un muro che mi allontanasse dalla gente.
    Io amavo la mia fama, amavo essere riconosciuto per strada e cogliere gli sguardi ammirati dei miei fan.
    A me piacevano le persone, mi piaceva interagire con esse e in questo caso avevo l'occasione di conoscere una giovane Strega, perciò non potevo assolutamente tirarmi indietro.
    Quando fui a pochi passi dall'allieva, i miei occhi indugiarono sullo stemma raffigurato sulla sua divisa e compresi quindi la sua Casata di appartenenza.
    «Come se la passano i Corvonero in questo periodo?» domandai sorridendo.
    Ovviamente i membri di quella Casa si erano impegnati maggiormente per cercare di scoprire quale fosse la causa della mancanza della magia e chissà, magari potevano davvero scoprire qualcosa, o almeno era ciò che credevo io.
    Non sottovalutavo i giovani, forse perché io stesso ero uno degli illusionisti migliori al mondo ed avevo soltanto 21 anni.
    Beh, io baravo usando la vera magia, ma questi erano meramente dettagli.
    Sapevo bene che l'età non contava quando esisteva il talento.
     
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  4. Nellie Lovett
     
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    Naturalmente le occhiate che gli avevo rivolto non erano passate inosservate.
    Era inutile far finta di niente, perciò sollevai lo sguardo e osservai il ragazzo avviarsi spedito verso di me.
    Ostentava una sicurezza che raramente avevo visto nelle persone e forse fu proprio quel particolare a permettermi di riconoscerlo: l'Illusionista. Le poche amiche che frequentavo in estate, quando tornavo nella casa babbana di mio padre, parlavano spesso di lui.
    Anzi, si può dire che ne fossero letteralmente pazze.
    Quanto a me, l'avevo intravisto solo una volta in cui non avevo potuto che scorgerne il volto di sfuggita, circondato com'era da spettatori adoranti.
    In verità, avevo fatto di tutto per allontanarmi da lì il più in fretta possibile: gli ambienti affollati non mi erano mai andati a genio. Tuttavia quei pochi istanti mi erano bastati per imprimermi la sua immagine nella memoria: non aveva un aspetto comune e questo era forse uno dei motivi per cui attirava un tale numero di persone.
    In quanto ai suoi giochi di prestigio, non si sentiva parlare d'altro che della sua bravura, del suo talento superiore a quello di chiunque altro e avevo pensato che, da uno che riceveva tali lodi senza preoccuparsi di minimizzarle, non ci si poteva aspettare niente se non che fosse il solito arrogante che si atteggia da superiore e spavaldo.
    Tuttavia, con quel passo deciso, non sembrava voler dar prova di una presunta superiorità, al contrario, pareva avere tutt'altre intenzioni.
    Inclinai lievemente il capo, studiandolo, mentre egli gettava una rapida occhiata allo stemma della mia casa, sorridente. Mi chiesi a quale casa fosse appartenuto lui, prima di terminare gli studi per dedicarsi alla sua professione di Illusionista.
    Naturalmente le mie amiche avevano assistito ad ogni suo spettacolo, acclamandolo con una serie di aggettivi che alle mie orecchie erano suonati decisamente esagerati.
    "Un Mago!" l'avevano definito infine. E ora capivo perchè.
    -Tu ti servi della magia!- esclamai incredula, dando improvvisamente voce ai miei pensieri, incurante del fatto che egli non avesse potuto udire il mio ragionamento finora.
    Mi accorsi di aver completamente ignorato la sua domanda e mi affrettai a rispondere -Ce la caviamo.- dissi, inarcando un sopracciglio. Questo era comportarsi in modo del tutto sleale! Illusionista. -Non è facile agire senza magia ma stiamo cercando di venirne a capo- continuai.
     
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    Il primo commento della studentessa mi lasciò interdetto.
    Ella asserì che mi avvalevo della magia e non mi fu difficile comprendere a cosa si riferisse: a quanto pare aveva dedotto che nei miei spettacoli usufruissi di quel talento particolare che la mia nascita mi aveva donato.
    Successivamente ella dissipò quell'affermazione rispondendo alla mia domanda circa la situazione dei Corvonero ora che questa nuova 'svolta' era capitata nelle nostre vite.
    Decisi di non lasciar cadere la sua intuizione circa il mio lavoro. Era proprio vero che i Corvonero possedevano una mente aperta.
    Aveva compreso subito quale fosse il trucco che si celava dietro i miei spettacoli, perciò rimasi ammirato dalla sua sagacia.
    Annuii dunque, per rispondere ad entrambe le sue frasi.
    «Sì, hai scoperto il mio segreto» commentai sorridendo.
    Non mi preoccupava il fatto che l'avesse compreso: non avevo scrupoli, non mi infastidiva quindi la consapevolezza che qualcuno sapesse che non ero poi proprio 'leale' nei miei spettacoli da illusionista.
    In fondo ciò che contava era rendere felice il pubblico e io ero terribilmente bravo nel farlo.
    I miei spettatori amavano i miei show, si divertivano, si stupivano, perciò io regalavo loro esattamente ciò che essi desideravano.
    Non era sbagliato.
    Non facevo nulla di male, a parte ingannare i miei colleghi, ma erano talmente boriosi che una bella lezione ogni tanto non guastava.
    Infine mi soffermai sulle ultime parole pronunciate dall'allieva.
    «Sì, capisco.
    Anche io sono qui per cercare di venirne a capo. O meglio, sono qui per mettere a disposizione di chiunque stia lavorando su questo problema i miei servigi.
    Posso fare qualsiasi cosa»
    conclusi rivelando dunque la ragione del mio ritorno ad Hogwarts.
    Allungai un braccio, con la mano aperta per concludere una presentazione, infine annunciai il mio nome, sebbene ormai fossi sicuro ch'ella lo conoscesse già.
    «Mi chiamo Albert Houdini».
    Pronunciare il cognome del mio antenato mi riempiva di orgoglio: egli era famoso ovunque ed io ero fiero che la dinastia si fosse estesa sino a me.
    Sperai che anche la studentessa si sarebbe presentata: mi piaceva conoscere il nome delle persone con cui parlavo, era come abbattere il muro della formalità, era più amichevole.
     
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  6. Nellie Lovett
     
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    Quell' affermazione non sembrò turbarlo, anzi, annuì confermando le mie parole con un sorriso che lasciava intuire quanto poco egli si preoccupasse di essere e venir considerato un disonesto.
    Quale bravura c'era nell'ingannare i Babbani esibendo le proprie doti magiche, lasciando credere che si trattasse effettivamente di illusionismo?
    Tuttavia, se il pubblico continuava effettivamente a pensare di assistere a giochi di prestigio, significava che il ragazzo sapeva quantomeno contenersi. O più semplicemente i Babbani erano così abili da inventarsi mille giustificazioni che spiegassero ciò che avveniva sotto i loro occhi. Rimanevo spesso allibita di fronte a questo atteggiamento ed ero giunta alla conclusione che esso costituisse una sorta di autodifesa. Mio padre, pur avendo accettato il fatto che nelle vene di mia madre scorresse la magia, aveva cominciato ad esigere che in casa ci si comportasse con una certa "normalità". Forse era per quello che mamma se n'era andata.
    Allontanai quei pensieri prestando attenzione alle parole del giovane.
    Era giunto per prestare aiuto. -Una testa in più non fa mai male- risposi -Immagino tu voglia vedere gli insegnanti- dissi, certa che fosse arrivato da poco. Se avesse già parlato con i docenti, probabilmente gli avrebbero già rifilato qualche incarico. A meno che egli non preferisse la compagnia degli studenti. A pensarci bene, non sembrava tipo da sopportare a lungo la presenza degli insegnanti. Pareva più il classico studente la cui massima aspirazione consisteva nel far uscire dai gangheri il custode.
    Atteggiamento ammirabile: era piuttosto difficile provare simpatia per Gazza.
    Mi accorsi che il giovane aveva allungato un braccio, presentandosi.
    Gli strinsi la mano -Saphira Oswin Owen-.
     
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    La studentessa, che successivamente scoprii si chiamava Saphira, sembrò appoggiare il mio intento di offrire aiuto.
    Sperai che anche i professori si mostrassero disponibili ad accettarmi tanto quanto lo era stata lei.
    «Sì, in effetti sono qui proprio per loro.
    Avevo pensato alla Preside, ma ritengo che sia troppo impegnata, così penso che sia meglio un professore»
    rivelai successivamente il mio ragionamento.
    Ero davvero curioso di scoprire in che modo mi avrebbero accolto, ma qualcosa mi suggeriva che sui loro volti non si sarebbe stampato un sorriso orgoglioso e lieto di rivedermi.
    Temevo che dopo che avevo deciso di lasciare Hogwarts una volta superato i miei G.U.F.O. qualche docente si fosse lasciato trascinare in una danza di sfrenata gioia. Sicuramente Gazza lo aveva fatto, ma non potevo biasimarlo per questo.
    Mi rendevo conto di aver reso la sua vita più difficile di quanto non fosse (e visto il suo volto, immaginavo che la sua vita fosse di gran lunga più difficoltosa della mia), ma alla fine il caro vecchio Argus non faceva nulla per farsi benvolere.
    Tutta quella mania per le punizioni fisiche, per il dolore e la sofferenza degli studenti di certo non lo rendeva molto simpatico alla maggior parte degli abitanti di Hogwarts.
    Spesso, durante i miei anni al castello, mi ero chiesto se fosse esistito qualcuno che fosse stato simpatico al 'bidello', ma non sapevo cosa rispondermi.
    Era esistito qualcuno che tollerava quel volto tirato in una perenne smorfia sofferente e che accettava quello sguardo sadico? Qualcuno ad eccezione della gatta, naturalmente, che sembrava condividere il suo spirito.
    Una volta mi ero domandato se Mrs Purr non fosse in realtà un Animagus, ma avevo cancellato quell'ipotesi quando, durante il mio ultimo anno, mi ero trasformato in lei e Gazza mi aveva trattato da semplice gatto.
    Non era stata un'esperienza divertente come avevo immaginato, ma talvolta anche io fallivo.
    «Ci sono stati nuovi acquisti da qualche anno a questa parte? Nuovi professori?» chiesi successivamente a Saphira.
    Forse la scelta migliore era offrire il mio aiuto a qualcuno che non mi conosceva, o meglio, che non conosceva il mio passato accademico.
    Avrei potuto fingere di essere stato uno studente modello... beh, forse con la mia faccia non sarei sembrato credibile, ma forse potevo passare per un bravo allievo.
     
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  8. Nellie Lovett
     
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    Come avevo intuito, il ragazzo non aveva ancora avuto modo di incontrare gli insegnanti. Comprensibile, considerando che passavano giornate intere a confrontarsi tra di loro.
    In quanto alla Preside, veniva spesso convocata dal Ministro della Magia, nonostante non fosse certo nei suoi desideri allontanarsi da scuola in un momento come quello.
    Successivamente Albert mi domandò se fossero stati assunti nuovi docenti.
    -In un periodo del genere?- Scossi il capo e un debole sorriso mi increspò le labbra.
    -No, la scuola è stata abbandonata a se stessa. Il panico si è impossessato delle famiglie: molti genitori riportano a casa i figli, convinti che non sia più sicuro lasciarli ad Hogwarts:
    attribuiscono la scomparsa della Magia a una strategia dei Portatori del Caos e temono un loro attacco alla scuola-
    aggrottai la fronte, contrariata.
    -Sciocchezze. Se fosse opera loro, non avrebbero atteso così a lungo dandoci modo di riorganizzare le difese- riflettei.
    Volsi lo sguardo agli studenti che ci passavano accanto conversando tra loro e sorrisi constatando come tutti avessero effetivamente reagito in maniera differente agli eventi: le espressioni rilassate contrastavano con quelle tese di coloro che ancora non si capacitavano di ciò che era accaduto e con i volti segnati di chi passava giorno e notte a cercare risposte. No, di certo i Portatori del Caos non erano tanto sciocchi da concedere tutto quel tempo ai loro avversari.
    -Sai, il fatto che non si presentino nuovi docenti sotto certi aspetti è un buon segno- commentai, riportando la mia attenzione su Albert. -significa che nessuno dei nostri insegnanti è disposto ad abbandonare Hogwarts- conclusi, lieta di constatare che, malgrado tutto, la scuola restava unita.
    -Allora, ricordi dov'è l'aula dei professori o preferisci che ti ci accompagni?-
    Sorrisi tra me e me.
    Avevo lo strano presentimento che Albert avesse fatto non poche visite alla Sala Insegnanti, quand'era studente. In ogni caso, decisi di non dar voce a questi pensieri: non volevo certo risultare sgarbata.
     
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    Effettivamente il ragionamento di Saphira non faceva una piega: sarebbe stato insensato assumere nuovi professori per una Scuola di Magia proprio quando la magia aveva abbandonato la nostra comunità.
    Mi dispiacque sapere che alcuni genitori avevano deciso di ritirare i propri figli da Hogwarts, non era certo fuggendo dal castello che potevano risolvere il problema, ma era anche vero che molte famiglie erano così terrorizzate da ciò che poteva accadere ai figli che smettevano di ragionare.
    Onestamente non avevo proprio pensato di imputare ciò che ci era capitato ai Portatori del Caos, i seguaci di Grindelwald junior ed onestamente mi sentivo di escludere una tale eventualità: ero d'accordo infatti con Saphira, non avrebbe avuto senso.
    Anche perché, se la magia aveva abbandonato la nostra società, significava anche che pure i Portatori del Caos erano divenuti come Babbani e quindi la loro superiorità non sarebbe sussistita.
    Certo, a meno che l'incantesimo li avesse risparmiati, ma non mi sembrava un'opzione plausibile.
    «Sono d'accordo con te: prima che tu me ne parlassi, non avevo nemmeno pensato che la colpa potesse essere dei seguaci di Grindelwald ed effettivamente, mi sembra un'ipotesi improbabile» convenni con lei.
    Portai entrambe le mani dietro la schiena e quel gesto tanto familiare mi riportò ai miei trucchi da illusionista, provocandomi una fitta di dolore.
    Quanto desideravo tornare sul mio palcoscenico e stupire nuovamente il mio pubblico con i miei giochi e con la mia abilità.
    Mi auguravo che non sarebbe trascorso troppo tempo prima che potessi tornare nuovamente nel mio teatro.
    L'ultima domanda della Corvonero mi fece sorridere sinceramente.
    Sì, ricordavo perfettamente dove si trovasse la Sala Insegnanti, era forse uno dei luoghi di Hogwarts che avevo maggiormente frequentato, assieme all'Ufficio di Gazza.
    «Sì, saprei raggiungerla ad occhi chiusi, però non mi dispiacerebbe se mi accompagnassi» risposi.
    Sperai non si imbarazzasse in seguito alla mia richiesta, ma desideravo approfondire la sua conoscenza.
    Il suo modo di ragionare e di esporre quanto accaduto era così schietto ed interessante che desideravo sapere cosa pensasse in merito alla faccenda.
    Naturalmente comunque mi sarei esposto anche io, palesando le mie intuizioni.
    «Che tu sappia, al Ministero non è giunta alcuna rivendicazione? Nessuno si è preso il merito di aver fatto sparire la magia?
    Per quanto mi riguarda, si è trattato di un incantesimo ben congegnato ed è quindi possibile che il suo fautore desideri pavoneggiarsi e vantarsi del proprio operato»
    asserii mentre mi volgevo nella direzione per raggiungere la Sala Insegnanti.
    Chi si prendeva la briga di ideare una simile formula, sicuramente non sarebbe rimasto nell'anonimato, avrebbe lasciato qualche segno, una sorta di firma per rivendicare la sua grandezza.
     
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    Un ampio sorriso si disegnò sul volto di Albert, alla mia domanda: era chiaro che la sua mente stava vagando indietro ai tempi della scuola, quando, immaginai, veniva assiduamente convocato dai professori per giustificarsi in merito alle malefatte compiute.
    Espresse tuttavia il desiderio di essere accompagnato, sebbene non avesse certo dimenticato l'ubicazione della sala, e la cosa non poté che farmi piacere: ero felice di poter conversare riguardo gli ultimi avvenimenti con qualcuno che avesse assistito all'evoluzione di questi al di fuori delle mura di Hogwarts. Nonostante i numerosi gufi che portavano giornalmente notizie su quanto avveniva nel resto del mondo, parlarne di persona aveva i suoi vantaggi.
    Mi diressi quindi verso la sala insegnanti, prestando attenzione alle domande di Albert: naturalmente anch'egli desiderava conoscere maggiori dettagli e la maggior parte delle informazioni era in mano a Hogwarts, la quale era costantemente in contatto con il Ministero della Magia.
    L'ultima domanda di Albert vertì proprio su questo punto.
    Alzai le spalle, con uno sbuffo -Il Ministero? Figuriamoci: quelli brancolano nel buio- risposi -Ho il sospetto che facciano totale affidamento su noi ad Hogwarts, ma come ti ho già detto i risultati qui non sono così esaltanti: non abbiamo ancora uno straccio di indizio. Possiamo solo fare supposizioni e sperare di imboccare la pista giusta- scossi la testa alla sua successiva affermazione -Già, curioso che nessuno si sia ancora fatto avanti. Forse chi ha compiuto l'incanto si diverte a vederci annaspare nel tentativo di venire a capo del mistero. O forse è semplicemente un codardo. In entrambi i casi, mi chiedo cosa speri di ottenere da tutto questo- continuai sconcertata. Non aveva senso. Perché privare il mondo della Magia? Questa era una delle principali domande che ognuno di noi si poneva, al di là dell'identità di colui che era la causa di tutto ciò. Qual'era il suo scopo?
     
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    :Albert:

    Quando Saphira mi rivelò quanto il Ministero si stesse affaticando per cercare di riportare l'ordine nella nostra comunità, non riuscii a trattenere un gemito secco, di pura esasperazione e scherno.
    «Tipico del Ministero» commentai ironico. Non era la prima volta che coloro i quali, almeno in teoria, dovevano occuparsi di proteggerci e guidarci si tirassero indietro, nascondendosi nel loro edificio e sperando che qualcun altro risolvesse la situazione. In genere, in passato, tale compito era stato svolto perfettamente da Albus Silente, ma egli era morto. Non sarebbe potuto giungere in soccorso della nostra generazione, come invece aveva fatto più volte in passato.
    Dovevamo cavarcela da soli, anche se non mi sarebbe dispiaciuto affatto che un nuovo Silente fosse giunto, avesse preso in mano le redini della situazione e ci avesse condotti verso una soluzione. Sì, non era molto dignitoso lasciare che qualcuno si sobbarcasse di tutti i problemi e pensasse da solo a come affrontarli, però era ciò che desideravo realmente.
    «Mi domando perché la comunità magica non si sia ancora ribellata all'inettitudine del Ministro e di chi lavora per lui».
    Associavo ricordi alquanto spiacevoli in particolar modo ai vari Dipartimenti che si occupavano di tutelare i Babbani dalla magia. I miei incantesimi, le mie illusioni erano infatti volti ad impressionare i Babbani e di conseguenza, li esponevo alla magia. Più di una volta mi era stato intimato di togliere questo o quel trucco, ma era bastata una scatola di Cioccorane per mettere a tacere i vari ispettori.
    Trovavo assurdo che alcuni si facessero corrompere con del cioccolato, ma non me ne lamentavo.
    Se non fosse stato per loro, probabilmente il mio spettacolo non sarebbe stato così spettacolare.
    «Sì, sono d'accordo» affermai successivamente in risposta all'ultima affermazione di Saphira. «L'unica spiegazione che mi viene in mente è che chiunque sia stato è un Mago con una grande formazione, ma che preferirebbe essere un Babbano. Credo che sia impossibile. Nessuno sano di mente vorrebbe rinunciare alla magia!».
     
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